Estate 2015. Il prefetto della polizia di Roma, per prevenire i continui atti di violenza tra tifoserie, decide di porre delle barriere in mezzo alla curva Sud e alla curva Nord, luogo di raccolta dei principali gruppi Ultras rispettivamente della Roma e della Lazio.
Ma la risposta delle tifoserie non si fa attendere: finché ci sono delle teche di vetro a dividerci noi non entriamo più allo stadio. Cosi è iniziata la lunga diatriba che ha coinvolto la politica, personaggi celebri, gli stessi giocatori delle due squadre ed anche il Ministro dello sport Lotti, che ha dichiarato di volerle rimuovere.
Ma partiamo dal principio: l’ex prefetto di Roma e ora Capo della Polizia, insieme al consenso del presidente del Coni e dei presidenti della Roma e della Lazio, decide di dividere le due curve con una barriera per aumentare la sicurezza e riportare le famiglie allo stadio.
Intento molto condivisibile, ma già dopo pochi mesi di applicazione del provvedimento si è capito l’errore commesso: le due società, in seguito alla desertificazione dello stadio nelle partite interne di entrambe le squadre della capitale, hanno cercato di far ritornare le due tifoserie allo stadio.
Con le dichiarazioni sopracitate del Ministro si evince un aspetto fondamentale: il progetto, seppur nato con buoni intenti, è fallito.
Infatti stiamo parlando di una delle ingiustizie più inaccettabili nel mondo sport dell’ultimo periodo.
Innanzitutto da considerare è che la maggior parte delle famiglie ha rinunciato a vedere le partite dal vivo, non a causa della violenza, ma probabilmente – soprattutto – per l’esorbitante prezzo del biglietto e i numerosi controlli prima di entrare allo stadio. Controlli che sono giustissimi, se fossero effettuati in tutti gli stadi italiani.
E questo mi porta al secondo aspetto: perché solo allo Stadio Olimpico si è fatto questo esperimento? Le tifoserie milanesi e torinesi non sono state violente come quelle romane? Eppure anche loro hanno ucciso ragazzi innocenti, lanciato petardi e ferito poliziotti anti-sommossa.
La vera differenza è che mentre a Roma si costruivano le barriere a Reggio Emilia e a Udine per esempio si abbattevano, avvicinando i tifosi ai giocatori. Questo aspetto in paesi europei come Paesi Bassi e Inghilterra è così da moltissimi anni, nonostante entrambe – per usare un eufemismo – siano tifoserie non proprio tranquille (basti pensare ai tifosi inglesi a Marsiglia e ai tifosi del Feyenoord a Roma).
Inoltre sono anche inutili dal punto di vista della sicurezza: infatti la maggior parte degli scontri avviene fuori dallo stadio e raramente all’interno.
Ma, soprattutto, da considerare è che così facendo si sono innervosite le tifoserie che hanno manifestato il loro disappunto con lunghe marce per le strade, rendendole ancora più pericolose di quando invece stavano riunite in uno spazio ben sorvegliato dalle forze dell’ordine.
Ovviamente è innegabile la necessità di condannare sempre ogni forma di violenza, soprattutto in occasioni sportive, e quindi è impossibile stare dalla parte delle tifoserie violente che a fasi alterne mettono una delle città più importanti d’Europa e la capitale dell’Italia in subbuglio, ma questa volta hanno proprio ragione.
Leonardo D. S. – Liceo Classico Dante Alighieri di Roma